Neuromielite ottica, ossia malattia di Devic. È il responso che ha fatto raggelare il sangue ad una signora di Squillace la quale ha vissuto giorni terribili appena ha capito che i problemi di salute del suo figlio 27enne erano gravi.
La neuromielite ottica causa sintomi simili a quelli della sclerosi multipla, tant’è che il disturbo veniva considerato una variante della stessa. Lo spettro dei disordini della neuromielite ottica si riferisce ad un gruppo di malattie rare che colpiscono meno di cinque persone su 100mila nel mondo e circa il 90% dei casi interessa il genere femminile. I medici della Neurologia dell’ospedale civile di Catanzaro hanno detto in maniera chiara alla donna che si trattava di una malattia rara, ma che avrebbero fatto di tutto perché suo figlio venisse curato nella maniera più opportuna.
E così è stato. Ora lui sta molto meglio e sta svolgendo un periodo di riabilitazione al centro Sant’Anna di Crotone. «Voglio esprimere tutta la mia riconoscenza – afferma la signora squillacese – al reparto di Neurologia dell’ospedale di Catanzaro per la professionalità dimostratami per le cure di mio figlio. Ringrazio il primario Domenico Bosco e la sua équipe medica e paramedica per l’ottimo risultato conseguito.
Vi saranno certamente delle criticità nella sanità calabrese, ma le eccellenze vanno evidenziate; anche gli operatori dell’istituto riabilitativo di Crotone sono umani e professionali». I primi di febbraio il giovane 27enne, che fino ad allora non aveva mai avuto rilevanti problemi di salute, all’improvviso ha accusato un dolore alla spalla. È stato, quindi, curato per una semplice cervicale, ma dopo qualche giorno non riusciva a vedere bene e a camminare. Perciò è stato condotto immediatamente in ospedale, dove è stato preso in cura dai sanitari del reparto di Neurologia. Nelle quattro settimane di degenza, oltre al primario Bosco, non gli hanno fatto mancare tutte le attenzioni gli specialisti dell’équipe, i dottori Alessandra Clodomiro, Emilio Le Piane, Alessandra Lucisano e Domenico Pirritano. La mamma ci tiene ad evidenziare che suo figlio è stato curato con grande professionalità, tanto che già il 6 marzo è stato dimesso per essere sottoposto a riabilitazione. Ora per circa un anno il giovane dovrà stare a riposo, ma lui non vede l’ora di uscire da questo incubo e tornare a lavorare.
Salvatore Taverniti – Gazzetta del Sud, 25 marzo 2023