Nella valanga di riviste che ricevo, qualche tempo fa ho notato un fascicolo modesto per qualità tipografica ma dal titolo un po’ sorprendente, considerata la provenienza. La rivista s’ intitolava in latino Vivarium, cioè «vivaio», ed era pubblicata dall’omonima «Catedra de Estudios Culturales» dell’Arcidiocesi di La Habana di Cuba.
Ogni numero recava in esergo un motto in lingua spagnola: En este vivero pasaran el invierno de los siglos oscuros, los saberes antiguos, esperando mejores tiempos. Questa attesa di tempi più luminosi sostenuta dallo studio degli antichi saperi, attraversando l’ inverno dei secoli oscuri in cui siamo immersi, era quindi il programma che la rivista Vivarium proponeva ai suoi lettori.
Ebbene, la frase – nell’ originale latino – appartiene a uno straordinario personaggio calabrese di formazione cosmopolita, Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, nato a Squillace attorno al 485, ove morirà quasi centenario nel 580 circa. Il padre era un governatore dell’ imperatore Teodorico: il figlio Flavio a soli 18 anni divenne cancelliere a Ravenna, la capitale del regno, iniziando una carriera politica folgorante che lo condurrà a essere, prima, governatore della Calabria, poi, console della sezione occidentale dell’ impero, e infine capo dell’ intera amministrazione pubblica imperiale. La morte del suo protettore Teodorico e i relativi torbidi politici che sfociarono nella «guerra gotica» appannarono la figura di Cassiodoro che migrò per una decina d’ anni a Costantinopoli.
Ormai, però, allo statista stava subentrando l’intellettuale che sempre ferveva in lui: fu così che, attorno ai 70 anni, si ritirò nella sua tenuta di Squillace ove, da un lato, fondò un monastero nel senso strettamente spirituale del termine, il Castellense, al quale, d’ altro lato, accostò appunto il Vivarium, una comunità di monaci copisti e studiosi, costituendo in un certo senso la prima «università cattolica» della quale definì le Institutiones, in pratica il progetto programmatico. Esso si articola lungo due itinerari delineati nel titolo completo dell’opera che continua con la specificazione divinarum et humanarum litterarum, rivelandone l’aspetto quasi enciclopedico.
All’esegesi biblica e alla teologia in senso stretto Cassiodoro associava, infatti, anche la classicità secolare, secondo una visione culturale aperta e creativa. Basti solo evocare i suoi scritti di indole storica, il suo saggio De horthographia, il trattato teologico-filosofico De anima e soprattutto il suo De musica, fermamente convinto com’ era che «se continueremo a commettere ingiustizie, Dio ci lascerà senza la musica». Convinzione già condivisa dai profeti biblici, pronti a descrivere il giudizio di Dio sotto il segnale di un silenzio «nero», scandito cioè dallo spegnersi del canto degli innamorati e dei suoni armoniosi delle orchestre coi loro flauti, timpani e arpe.
In questa linea si comprende il rilievo assegnato da Cassiodoro ai Salmi, testi sacri che compongono un mirabile intreccio tra poesia, canto, musica e preghiera. A offrire al lettore italiano l’ imponente studio condotto da questo uomo di fede e di cultura sulla raccolta dei 150 Salmi biblici, voce ininterrotta per quasi due millenni del Tempio ebraico, della Sinagoga giudaica e della Chiesa cristiana, è stato soprattutto monsignor Antonio Cantisani, 94 anni, arcivescovo emerito proprio di Catanzaro-Squillace, una sede episcopale del IV secolo.
A lui e all’impegno editoriale della Jaca Book si deve la possibilità di navigare in questo oceano testuale esegetico-spirituale approdando ai vari porti, ossia ai diversi generi letterari: i salmi dell’ Hallel, una collana mirabile di inni salmici di «lode», come dice il termine ebraico; le suppliche personali spesso angosciose ma sempre aperte a una lama di luce finale, per cui l’ ultima parola non è quella della disperazione e della morte ma della misericordia divina e della vita; le suppliche nazionali in cui è un popolo intero oppresso a invocare la liberazione; i canti di ringraziamento che vibrano del respiro di sollievo e di gratitudine quando si è usciti dal gorgo della prova e si è lasciato alle spalle l’ incubo della sofferenza.
Sono migliaia di pagine che lasciano traspirare la passione di questo laico (non fu mai né presbitero né vescovo), divenuto monaco in età avanzata, per la poesia orante, sulla scia di un altro grande personaggio, sant’Agostino. Vorremmo, perciò, lasciare a lui stesso la parola nella prefazione a questa sorta di cattedrale letterario-teologica che è la sua Expositio psalmorum, cioè il «commento ai Salmi»: «Respinte e abbandonate a Ravenna le sollecitazioni della carriera politica segnata dal sapore disgustoso delle preoccupazioni mondane, avendo goduto del Salterio, libro venuto dal cielo come autentico miele dell’ anima, mi tuffai come un assetato a scrutarlo senza posa per lasciarmi pienamente permeare da quella dolcezza salutare, dopo averne avuto abbastanza delle innumerevoli amarezze della vita attiva».
E continuava esaltando la sua esperienza affascinante all’ interno di questo orizzonte poetico-spirituale che egli perlustrava, però, attraverso la sua finezza intellettuale e la sua straordinaria erudizione che comprendeva, sì, la teologia ma anche la filosofia, la storia, l’arte, la scienza, la musica. Ecco ancora le sue parole: «Nel Salterio si scopre materia in grado di offrire sostegno a ogni genere di persone; un tesoro crescente per il cuore puro, grande consolazione per quelli che piangono, speranza appagante per i giusti, rifugio sicuro per i pericolanti. Vi si trova sempre ciò di cui l’ anima ha bisogno; è a disposizione una fonte dalla perennità indefettibile».
Sono stati molti gli ammiratori di questo autore che meriterebbe di essere riportato sulla ribalta non solo della Chiesa intera ma anche della cultura contemporanea. Giustamente Franco Cardini, che a Cassiodoro ha dedicato uno splendido ritratto contestuale, nel 2009 ne disegnava questo profilo sintetico: «Un politico, un letterato, un uomo di Dio. Molto citato e ricordato, non troppo studiato seriamente, troppo spesso oggetto di false prospettive critiche».
L’Associazione Centro Culturale Cassiodoro di Squillace, anche attraverso gli studi del citato arcivescovo Cantisani – che recentemente ha di nuovo attinto a quel patrimonio esegetico proponendo una bella antologia di «preghiere e pensieri» per un pubblico più ampio – e con l’ impegno dell’ attuale arcivescovo di Catanzaro-Squillace Vincenzo Bertolone e del sacerdote paolino Antonio Tarzia, cerca di stimolare l’ interesse per una figura per molti aspetti unica.
Non mancano saggi molto specifici che rivelano l’ enciclopedismo di questo personaggio, come lo studio di Alessandro Pergoli Campanelli sull’«idea di restauro» e quindi di conservazione e fruizione delle opere d’ arte, già suggerita negli scritti di questo «Senatore», come è spesso definito Cassiodoro. Ma vorremmo concludere con la voce di un papa, Benedetto XVI che nel 2008 dichiarava, sulla scia del suo predecessore san Giovanni Paolo II, in visita a Catanzaro nel 1984, che «gli unici capaci di stare alla pari di Cassiodoro furono il contemporaneo Severino Boezio e il futuro papa Gregorio Magno».
Egli, infatti, seppe essere «uomo di alto livello sociale e politico come pochi altri nell’ Occidente romano del suo tempo», ma fu pronto anche ad affidare al suo Vivarium «il compito di recuperare, conservare e trasmettere ai posteri l’ immenso patrimonio culturale degli antichi, perché non andasse perduto», mantenendo però sempre viva anche la fiaccola della fede «nutrita dalla S. Scrittura e particolarmente dalla frequentazione dei Salmi». (Sole24ore)