È stata celebrata mercoledì scorso nella basilica con cattedrale di Squillace la santa messa del crisma presieduta dall’arcivescovo metropolita monsignor Claudio Maniago. Al suggestivo rito hanno preso parte centinaia di sacerdoti dell’intera arcidiocesi, diaconi, religiosi, religiose e fedeli laici, oltre alle autorità civili locali. La messa crismale non veniva celebrata a Squillace da 43 anni.
L’ultima è stata quella del 12 aprile 1979 presieduta dal vescovo dell’epoca monsignor Armando Fares. Nel corso della celebrazione l’arcivescovo ha benedetto gli oli sacri: l’olio dei catecumeni, degli infermi e il crisma. Ai presbiteri, che durante la celebrazione hanno rinnovato le promesse sacerdotali, monsignor Maniago ha ricordato che «questo è il vostro giorno, il giorno della comunione con il vescovo, tra di voi e tra il vescovo e ciascuno di voi».
«Quelli che viviamo – ha sottolineato il presule – non sono tempi facili, per nessuno, nemmeno per noi: siamo dentro questa storia, la storia delle nostre comunità, la storia dei nostri fratelli. Non sono facili, non solo per le difficoltà esterne (le forze, i mezzi, i numeri), ma anche per il bisogno che abbiamo anche noi di senso, di motivazioni ravvivate, di gioia e di contentezza per quello che viviamo e per quello che siamo oggi in questi tempi.
Credo che per questo abbiamo bisogno di vivere ancora più profondamente la nostra fraternità in Gesù, nel dono del sacerdozio che è già dato, nel ministero nel quale ci ha chiamati. Egli è il centro di tutto questo, la radice e la vita di noi stessi; Egli rinnova sempre il dono a cui è fedele, fino alla fine. Vorrei che le parole delle Scritture e le mie, pronunciate da povero strumento quale sono, dessero a ciascuno di noi gioia, bellezza, serenità, impegno di cui abbiamo grande bisogno».
Monsignor Maniago, riferendosi alla presentazione e alla benedizione degli oli santi, ne ha sottolineato la peculiarità di «segno bello come un profumo che si sprigiona ogni volta che il Signore si dona a noi, che riempie tutta la casa e le dà respiro, forza, sostiene la nostra umanità, ognuno di noi nel suo donarsi: sostiene la nostra umanità anche nelle sue infermità e nelle sue fragilità».
L’arcivescovo, citando le parole di Papa Francesco, ha anche posto l’accento sul senso della celebrazione, la quale «ci fa sentire un’unica famiglia intorno a un unico altare che ci fa riscoprire il piacere spirituale di essere popolo».
Salvatore Taverniti (Gazzetta del Sud, 15 aprile 2022)