La storia della ceramica squillacese è intimamente legata alla fondazione della città ( Skilletion ) avvenuta verso il VII secolo a.C. ad opera dei colonizzatori greci, nel periodo della Magna Grecia. Furono proprio questi a portare nella cittadina l’arte che, secondo alcuni autori, trarrebbe origine dai famosi ceramisti di Samo.
LA CERAMICA NEL CORSO DEI SECOLI
Le fonti storiche confermano ed attestano la presenza ininterrotta dell’arte della ceramica, da generazione in generazione, “quasi come a serbare un sacro rito tramandato dagli antichi avi” ( Giuseppe Olivadoti ), che ha resistito per millenni custodendo gelosamente gli antichi metodi di lavoro e la stessa tipologia manufatturiera. La ceramica, dunque, rappresenta un simbolo tangibile della cultura e della civiltà che sempre hanno accompagnato la storia di Squillace, dai greci fino ai nostri giorni.
Già Magno Aurelio Cassiodoro, il più illustre cittadino squillacese, primo ministro di Teodorico re dei Goti, ebbe particolare attenzione per quest’arte che riteneva un servizio di pubblica utilità difendendone interessi e diritti.
Nel 1096 con la donazione, da parte di Ruggero il Normanno, di numerosi possedimenti alla Certosa di Serra San Bruno e la giurisdizione, in cui sono compresi anche gli abitanti, troviamo un certo Giovanni detto Cannata ed un Sergio detto Scutelli, ambedue da Squillace, che furono assegnati come servi-figuli.
A Squillace risultano invece attivi nel 1096 Leone figulo ed i figli.
Tutto ciò ci fa pensare alla presenza di maestranze di estrazione bizantina già prima dell’avvento dei Normanni.
Infatti caratteristica della ceramica Squillace è la produzione di ceramica ingobbiata e graffita .
Una tecnica arcaica, di origine bizantina, che solamente in età tardo medievale e rinascimentale viene poi sostituita con la smaltatura, tipica della maiolica.
Rimangono infatti a tutt’oggi vivi i termini “ argagnu”, “argagnaru” per indicare sia il manufatto che il ceramista, di chiara origine bizantina.
Nel 1489, il Re di Napoli Alfonso d’Aragona visita il Castello di Squillace e secondo Donatone, essendo egli interessato alle produzioni artistiche dei centri dove si recava, ordinò un’artistica anfora ( Firenze, Asta Sotheby’s del 12 maggio 1982 ).
L’anfora riprodurrebbe il ritratto di Alfonso, duca di Calabria e l’aquila reale degli aragonesi.
Ma chi era la committenza di questa ceramica pregiata? Sicuramente la committenza risiedeva negli altri centri calabresi e principalmente a Catanzaro di cui Squillace era divenuta il centro produttore della ceramica ingobbiata e graffita, che costituisce la più originale e peculiare manifestazione della ceramica di Calabria, dove la produzione artistica aveva raggiunto una notevole fama.
La stessa ceramica in questo periodo si rifà alla splendida arte serica della vicina Catanzaro e in questo secolo andò ad arricchire le congreghe laiche, le case patrizie e le gallerie dei potenti signori del mezzogiorno.
Il Barrio parlando della ceramica Squillacese, nel 1500, la definisce “ ... figulina opera insigna, ut potè patinae ( piatti piani con basso cavetto simili alle patene di metallo per coprire i calici liturgici) ), lances, disci ( piatti schiacciati ma di maggiori dimensioni) et alia id genus...” dando precise indicazioni anche sulla tipologia lavorativa.
Nel sec XVIII ( catasto onciario di CZ del 1749 ) a Catanzaro era attivo un solo mastro pignataro, Diego Codispoti di Squillace di anni 50.
Nel Catasto Onciario del 1756 di Squillace sono presenti 31 ceramisti, di cui 10 fajenzari e 21 maestri pignatari e almeno 15 fornaci.
Ciò dimostra che i fajenzari si dedicavano alla produzione delle “ faenze “ delle terrecotte coperte con smalto stannifero ossia alle maioliche, mentre i pignatari producevano vasellame ingobbiato di uso più povero.
Nel 1753 il priore del convento dei Carmelitani Scalzi di S. Teresa in Cosenza commissiona a Maestro Paolo Sestito ed i suoi fratelli 10.000 rigiole non stagnate…..per un prezzo di ducati 200. Nello stesso documento si parla di maestri riggiolari ( piastrella ), specializzati nella realizzazione in cotto, con fregi maiolicati bianchi.
Nel 1760 l’antica cavalleria del castello era trasformata e serviva per bottega di mastri pignatari e consisteva in una “ palazzina con magazeni sotto” data in fitto dalla Camera Marchesale.
Tale fabbrica risulta danneggiata dal terremoto del 1783.
Alla fine del 1700 la ceramica di Squillace viene ancora citata, da Lorenzo Giustiniani, tra le attività produttive della Città.
Nel 1911 l’etnologo Raffaele Corso riporta alcuni prodotti fabbricati a Squillace e presentati alla Esposizione Etnografica Nazionale di Firenze dello stesso anno. Il lumaricchju, il candileri, il caruseju, palumbara, mbivitureju d’aceji, ciucculatera, bumbula di vinu, vozza grossa.
Nel 1938 Frangipane pubblica il piatto, un tempo nel museo di Catanzaro, datato 1654 e recante il nome Sqllci ( Squillace ) e ora andato perduto ( ! ).
CERAMICA SQUILLACESE NEL MONDO
E’ possibile ammirare le manifatture squillacesi , comprendente ceramiche antiche , presso alcune collezioni private e nei principali musei ed Istituti specializzati italiani e mondiali :
Museo di Capodimonte di Napoli, Museo Duca di Martina alla Villa Floridiana di Napoli, Istituto Statale d’Arte di Napoli , Museo civico di Rovereto, Collezione Arcoleo di Palermo, Victoria and Albert Museum di Londra, British Museum di Londra, Rohsska Konstslojmuseet di Goteborg, Metropolitan Museum of art di New York, Musee du petit palais di Parigi, Museo int. delle ceramiche di Faenza, Farmacia Bucarelli di Vibo Valentia, Collezione privata di Roma, Museo della ceramica di Sevres, Centro culturale del Folklore e delle tradizioni popolari di Squillace.
Oggi l’arte della ceramica vive a Squillace un rinnovato interesse , grazie all’impulso di nostri emeriti concittadini, On.le Guido Mantella e On.le Guido Rhodio, che hanno caparbiamente inseguito negli anni la creazione dell’Istituto Statale d’Arte, iniziata con una prima richiesta da parte del Decurionato nel lontano 1847.
La scuola, in questi anni, ha contribuito a formare numerosi ceramisti ed artisti che hanno ripreso l’antica arte della ceramica artistica di Squillace.
Attualmente sono attive diverse botteghe d’arte, lungo il Corso G. Pepe e la Via F. Pepe, in cui è possibile rivivere il fascino antico di questa tradizione.
Sono esposti pregiati oggetti di ceramica, che si rifanno alla tradizione classica, e manufatti comprendenti oggetti rustici e artigianali ( limbe, giarre, salaturi, vozze, lanceji, sazareji, ecc. ) .
Con decreto del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato ed in seguito alla deliberazione del Consiglio Nazionale Ceramico, la Città di Squillace, sede di una antichissima lavorazione ceramica, è stata riconosciuta “ zona del territorio nazionale nel quale è in atto un’affermata produzione di ceramica artistica e tradizionale”.
A cura di Agazio Mellace-Pasquale Vetrò