Un saluto affettuoso a voi convenuti e un benvenuto a tutte le persone presenti in sala, un grazie alla Prof.ssa Barbara Bartoli che mi ha dato l’opportunità di esprimere il mio pensiero riguardo ai nuovi percorsi turistici e naturalistici del territorio di Squillace.
Un grazie al Dott. Mongiardo che con il suo entusiasmo mi ha coinvolto nel cammino della prima Italia e nell’elaborazione e tracciatura del primo percorso Squillace borgo-San Fantino alla riscoperta delle antiche fontane del circondario.
Questo progetto appena realizzato nel mese di settembre si iscrive nel contesto di un’attività più che pluriennale, finalizzata allo sviluppo di un più intenso rapporto tra l’uomo e il territorio.
L’idea muove dalla constatazione che poche volte questo rapporto è supportato da una profonda ed articolata conoscenza degli aspetti e della loro storia. La mancanza o lacunosità di conoscenza della propria storia, dei suoi elementi biologici, naturalistici, archeologici, delle sue potenzialità in quanto a risorse utilizzabili a beneficio dello sviluppo economico, permette la diffusione della falsa idea di una povertà atavica, congenita della nostra terra.
Conoscere il proprio territorio significa scoprire i suoi tanti aspetti positivi che non emergono senza uno studio attento e guidato; valorizzarlo per i tanti elementi che all’osservatore (in questo caso all’escursionista) sfuggono.
Sono convinto, altresì, che conoscere profondamente gli ambienti significa
assaporarli prima e viverli dopo attraverso esperienze concrete ma predeterminate, quelle che permettono di constatare sul territorio quegli elementi che vengono, altrimenti, studiati, solamente attraverso i libri, tra i banchi di scuola.
È attraverso l’esperienza sul campo che vengono carpiti realtà ambientali e contesti dalle profonde, articolate e a volte sconosciute radici storiche. Il cammino della prima Italia è stata un’esperienza unica nel suo genere perché ha coinvolto tante comunità appartenenti allo stesso popolo sotto gli stessi ideali pitagorici.
Nasce da una profonda conoscenza storica che il nostro precursore dott. Salvatore Mongiardo ha voluto fortemente che si realizzasse, e mi piace sottolineare quanto ha scritto “Una proposta dell’etica italico-pitagorica come rimedio possibile all’umanità che ha bisogno di un cambiamento radicale della politica, della finanza e della visione stessa della vita”. Scrive ancora: “chiunque verrà al cammino lo farà in rappresentanza di tutta l’umanità”.
Quale migliore occasione per vivere il proprio territorio!
Compiere un’escursione è leggere il passato fatto di storia e di tradizione e
comprendere che un presente segnato dalla dimenticanza e spesso dal degrado, può essere invece valorizzato e recuperato con una corretta educazione ambientale divenendo così fonte di vita per tutti.
Conoscere il territorio significa anche prendere coscienza ad ogni passo del
patrimonio di valori che hanno accompagnato il cammino dell’uomo, è conoscere la storia del loro lavoro, di una vita molto spesso dura, vissuta in stretto legame con le situazioni tipiche del territorio. Prendere coscienza delle proprie radici non significa “siamo stati” e crogiolarsi sentirsi impotenti davanti alla storia, ai cambiamenti, ma cogliere tutte le opportunità che la società civile offre per uno sviluppo sostenibile in
senso lato.
Ora io mi chiedo, nelle primavere che verrano perché non coinvolgere anche le scuole in questo progetto innovativo che, mette insieme didattica, storia, ambiente.
Rappresenta un’opportunità di formare, responsabilizzare e coinvolgere i ragazzi attraverso metodologie centrate “sull’imparare facendo” a completamento di quanto hanno imparato in aula prima. La scuola ha sempre rappresentato un luogo privilegiato per generare negli alunni una coscienza ecologica-storica attraverso comportamenti responsabili e modelli di vita più sostenibili.
La scuola come si sa forma il cittadino del domani, e il bambino prima, il ragazzo e il giovane dopo sono il substrato in cui coltivare la consapevolezza che il rispetto per l’uomo e per l’ambiente sono i veri presupposti per la conquista di un futuro migliore.
Nel nostro statuto associazione “Proloco Scolacium” art 3 oggetto sociale recita: “promuovere l’organizzazione turistica del territorio e iniziative atte a tutelare e valorizzare le bellezze naturali e paesaggistiche, nonché il patrimonio culturale, storico-monumentale ed ambientale”. Per questo fine vi garantisco che la proloco si sta impegnando con i pochi mezzi a disposizione a disseminare una cultura ambientale attraverso iniziative che tendono a valorizzare prima e rendere fruibile dopo con percorsi prestabiliti la valle dei mulini. Nel nostro programma abbiamo dato
valore e priorità a questo progetto.
Il percorso fluviale dell’Alessi e del Ghetterello si presta a pieno titolo ad un lavoro di conoscenza di un ambiente poco valorizzato del nostro territorio e di ricostruzioni delle sue profonde radici storiche.
Il carattere torrentizio del corso dell’acqua ha permesso all’uomo sin dai tempi antichi, di sfruttare l’energia che ne deriva. I mulini che si alzano maestosi lungo le rive dei due fiumi, alcuni attivi ancora negli anni 60-70 per macinazione dei cereali; i canali di derivazione hanno aiutato l’uomo nella coltivazione delle terre confinanti.
Osservando l’acqua che scorre nelle gole fitte di vegetazione di alberi secolari che vettano maestosi lungo tutto il corso d’acqua e il contrasto di colori di una vegetazione diversificata è il vero emblema botanico di queste gole.
Osservando l’acqua che scorre è inevitabile pensare a quanta forza possiede, quella forza che ha prodotto un ambiente poco conosciuto e fino ad oggi poco valorizzato, di un bacino fluviale di immenso valore ambientale, storico e archeologico. Numerose sono le testimonianze di insediamenti cassiodorei visibili come il porticciolo fluviale (consentitemi di dire con un pizzico di orgoglio che tre componenti della proloco sono stati i fautori della scoperta dopo accurate ricerche sul territorio, di questo
importante sito nonché dell’esistenza di un muro di epoca romana per l’attracco dei barconi) e resti di ponti medievali che mettevano in comunicazione le due sponde che la forza dell’acqua o eventi sismici hanno sgretolato.
Le vecchie mulattiere che né il tempo né le intemperie sono riusciti a scalfire, mettevano in comunicazione la città e i due fiumi; fornaci per la lavorazione della calce, le cosiddette “calcaree”. Un mondo che fu pieno di vita e di risorse che sicuramente attraverso il commercio (non
possiamo dimenticare che l’ultimo tratto dell’Alessi è stato navigabile fino al medioevo) contribuivano positivamente ad una economia già di per sé fiorente.
A metà corso le cascate si accentuano con balzi e gorghi rumoreggianti prima del tratto detto “Raca”. Ancora più a nord, nella parte sottostante al colle della “torretta” e prima del tratto denominato “Alui” vi è l’area che il conte normanno Ruggiero donò alla certosa di Serra San Bruno nel 1099.
Nel corso dei secoli il nome Alexi viene utilizzato per indicare l’intero corso d’acqua, sostituendo quello più antico di “Pellene”, già riportato da Cassiodoro il quale, parlando della posizione del Vivariense, indica l’esistenza di questo corso d’acqua che lambisce le terre del monastero.
Tanta storia, un eccezionale patrimonio ambientale, vi saranno tanti spunti per un lavoro scientifico sulle acque, sulla flora, sulla fauna, sul territorio, sulla presenza dell’uomo di ieri e di oggi, sulle possibilità di sviluppo che non devono coincidere necessariamente con i pericoli dello sfruttamento incontrollato.
Rendere l’intera area attraverso una progettazione mirata accessibile, con percorsi naturalistici, con infrastrutture e servizi (aree attrezzate, pannelli informativi, cartelli didattici, sentieri segnalati) nell’ottica della fruizione del sito eco-compatibile con gli obiettivi di tutela; incentivando la diffusione di forme di turismo sostenibile che si rivelano di aiuto allo sviluppo di un’attività e iniziative imprenditoriali locali con conseguente ricadute occupazionali ed economiche.
Squillace, 26/09/2020