Dedicata al sostituto procuratore generale Antonino Scopelliti e a tutte le vittime di mafia, è andata in scena a Squillace “Nino che silenzio stasera”, la drammaturgia dell’autore-attore calabrese Gregorio Calabretta e prodotta da “Teatro Studio Mediterraneo”.
Calabretta, oltre a tracciare un significativo excursus sulla nascita e sullo sviluppo della mafia, ha esaminato alcuni dettagli venute fuori dalle dichiarazioni rilasciate nelle sentenze del processo alla “cupola” per l’omicidio Scopelliti. L’autore, infatti, ha messo a confronto le fasi dell’affidamento del maxiprocesso al giudice Scopelliti con le dichiarazioni di alcuni pentiti, notando un forte anticipo dell’azione delle cosche rispetto all’assegnazione stessa del maxiprocesso al giudice calabrese.
La domanda che sorge spontanea alla fine della pièce di Calabretta è “Chi ha armato la mano della mafia per far fuori Scopelliti?”. ( Foto pubblicata su Il Sole 24 ore)
La mafia non ha tratto nessun interesse dall’omicidio: in Cassazione sono state confermate le sentenze di condanna relative al maxiprocesso. Qualcuno allora ha voluto eliminare una persona incorruttibile e inattaccabile dalla Corte Suprema di Cassazione, dandolo in pasto alla “cupola”, approfittando del maxiprocesso
Tante le domande, spesso retoriche, poste da Calabretta durante il suo spettacolo, arricchito da video documenti e dalla musica di Igor Gullà.
Presenti anche alcuni familiari del giudice Scopelliti, il sindaco di Squillace Guido Rhodio ha sottolineato che tutti noi dobbiamo cercare di rompere il silenzio prolungato che caratterizza la vicenda del grande giudice calabrese.
«Dedico questo spettacolo – ha affermato Calabretta – a tutte le vittime di mafia e a Rosetta Scopelliti, sorella del giudice, che da oltre vent’anni aspetta di conoscere i colpevoli dell’omicidio.
Se Nino Scopelliti fosse nato lontano da qui sarebbe stato certamente ricordato con maggiore frequenza e attenzione.
Noi, invece, dimentichiamo presto. Noi siamo il silenzio».
Salvatore Taverniti
LA VITA E L’ATTIVITA’
La carriera
Nato nel 1935 a Campo Calabro, Antonino Scopelliti entra in magistratura a 24 anni. Svolge la carriera di magistrato requirente, iniziando come Pm alla Procura della Repubblica di Roma, poi a Milano. È procuratore generale alla Corte d’appello quindi, Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione. Diventa il numero uno dei sostituti procuratori generali italiani presso la Corte di Cassazione.
I processi
Si è occupato di processi di terrorismo e mafia. Ha rappresentato la pubblica accusa nel primo processo Moro, al sequestro dell’Achille Lauro, alla strage di Piazza Fontana e quella del Rapido 904. Per questo processo, Scopelliti aveva chiesto la conferma degli ergastoli inferti al boss della mafia Pippo Calò ed a Guido Cercola. Il collegio giudicante della Prima sezione penale della Cassazione, presieduto da Corrado Carnevale rigetta la richiesta della pubblica accusa, assolvendo Calò e rinviando tutto a nuovo giudizio.
L’agguato
Il magistrato viene ucciso il 9 agosto 1991: senza scorta, Scopelliti è intercettato dai suoi assassini. Secondo i pentiti della ‘ndrangheta Giacomo Lauro e Filippo Barreca, sarebbe stata la cupola di Cosa Nostra siciliana a chiedere alla ‘ndrangheta di uccidere Scopelliti, che avrebbe rappresentato la pubblica accusa in Cassazione nel maxi processo a Cosa Nostra.
( Da Il sole 24 Ore del 09 agosto 2012)