E’ detto anche spaccasassi, arcidiavolo, fraggiracolo, loto e perlato. Si tratta del bagolaro. In dialetto squillacese, “malacucchiara” e il suo frutto “malacucchiu”, dal greco “melìkokkos”.
E’ un albero, il cui nome scientifico è “Celtis australis”.
E’ molto diffuso nel bacino del Mediterraneo. La zona collinare di Squillace ne è ricca. I suoi frutti sferici, grossi come un pisello, di colore giallo, prima, e violaceo o bruno alla maturazione, sono delle piccole drupe commestibili, molto apprezzate dagli uccelli.
E dagli umani: sono dolci ed hanno proprietà astringenti e lenitive.
Una volta, proprio in autunno, in questo periodo, si faceva a gara tra i ragazzi per “andare a malacucchi”. Si mangiavano e il nocciolo si usava per giocare, lanciandolo dalla bocca con una cannuccia a mo’ di cerbottana.
Altri tempi: ora i “malacucchi” si perdono, non li raccoglie più nessuno. Questo albero maestoso, dalla chioma folta e dalla crescita lenta, che può raggiungere anche l’altezza di venti metri, abbellisce le strade, i viali, i parchi. Da sempre è il simbolo di Squillace.
Per via della grande forza di penetrazione delle sue radici anche in terreni duri e sassosi, è detto “spaccasassi”: si attacca alla roccia come lo squillacese alla sua casa, alla sua terra. Ad un amico o ad un parente che ritorna a Squillace, tuttora c’è qualcuno che dice “Tornasti alu malacucchiu”.
Da quasi 35 anni, il poeta locale Totò Spanò conduce sull’emittente “Radio Squillace” la trasmissione dal titolo “’U Malacucchiu”, dedicata al dialetto squillacese.
Il bagolaro conosciuto dagli squillacesi come “malacucchiu”, da sempre simbolo di Squillace
Salvatore Taverniti