Politico, letterato e intellettuale calabrese, affidò ai monaci di Vivario il compito, come ricordò Benedetto XVI, di «recuperare, conservare e trasmettere ai posteri l’immenso patrimonio culturale degli antichi». Fu al fianco del re Ostrogoto. Aperto a Squillace il processo di beatificazione e canonizzazione.
Si è aperta oggi a Squillace la fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di Flavio Aurelio Cassiodoro, politico, letterato e intellettuale calabrese del VI secolo che, alla fine della vita, fondò a Vivario un monastero fornito di una ricca raccolta di codici e testi divenuto il prototipo dei centri culturali monastici del Medioevo.
Ad aprire l’inchiesta diocesana, in una cerimonia che si è svolta nell’archivio storico diocesano di Squillace, paese natale di Cassiodoro, è stato l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace Vincenzo Bartolone, che a dicembre scorso aveva pubblicato l’editto ufficiale nel quale, evidenziando come Cassiodoro fu un grande protagonista della storia europea nel passaggio tra evo antico e medio, invitava a far pervenire al tribunale diocesano informazioni relativi alla della fama di santità del servo di Dio. Don Massimo Cardamone, è postulatore della causa di questo personaggio al quale il paolino don Antonio Tarzia ha dedicato nel corso del tempo studio ed energie.
Marco Aurelio Cassiodoro, nato a Squillace intorno al 485 e morto a Vivarium verso il 580 era un «uomo di alto livello sociale, si dedicò alla vita politica e all’impegno culturale come pochi altri nell’occidente romano del suo tempo», come lo ha definito Papa Benedetto XVI nel corso di un’udienza generale del 2008:
«Consapevole della necessità di non lasciare svanire nella dimenticanza tutto il patrimonio umano e umanistico, accumulato nei secoli d’oro dell’Impero Romano, Cassiodoro collaborò generosamente, e ai livelli più alti della responsabilità politica, con i popoli nuovi che avevano attraversato i confini dell’Impero e si erano stanziati in Italia» e «fu modello di incontro culturale, di dialogo, di riconciliazione».
Le vicende storiche «non gli permisero di realizzare i suoi sogni politici e culturali, che miravano a creare una sintesi fra la tradizione romano-cristiana dell’Italia e la nuova cultura gotica» ma «lo convinsero però della provvidenzialità del movimento monastico, che si andava affermando nelle terre cristiane», disse ancora Joseph Ratzinger.
Cassiodoro «concepì l’idea di affidare proprio ai monaci il compito di recuperare, conservare e trasmettere ai posteri l’immenso patrimonio culturale degli antichi, perché non andasse perduto. Per questo fondò Vivarium, un cenobio in cui tutto era organizzato in modo tale che fosse stimato come preziosissimo e irrinunciabile il lavoro intellettuale dei monaci».
Nel suo insegnamento, distribuito in varie opere, ma soprattutto nel trattato De anima e nelle Institutiones divinarum litterarum, «la preghiera, nutrita dalla Sacra Scrittura e particolarmente dalla frequentazione assidua dei Salmi, ha sempre una posizione centrale quale nutrimento necessario per tutti», disse Benedetto XVI, che indico quello di Cassiodoro come «un ammonimento che possiamo accogliere come valido anche per noi.
Viviamo infatti anche noi in un tempo di incontro delle culture, di pericolo della violenza che distrugge le culture, e del necessario impegno di trasmettere i grandi valori e di insegnare alle nuove generazioni la via della riconciliazione e della pace».
L’Istituto di Studi su Cassiodoro ha salutato «con entusiasmo e gratitudine» l’apertura della fase diocesana del processo, e sottolinea, in una nota, che esso può svolgersi sulla base di una bibliografia «divenuta ormai sterminata proprio in questi ultimi decenni e per le iniziative ammirevoli di tanti soggetti culturali e istituzionali, che supera vistosamente quella dei quindici secoli precedenti».