Sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di Cassiodoro, avviata un anno fa dall’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace. Si è tenuta ieri mattina nella basilica cattedrale di Squillace, presieduta dall’arcivescovo metropolita mons. Vincenzo Bertolone.
Oltre ad autorità, tra cui il sindaco Pasquale Muccari, presbiteri, studiosi, erano presenti i componenti del tribunale istituito per ascoltare i testimoni, padre Pasquale Pitari, giudice delegato episcopale, don Stephen Achilihu, promotore di giustizia, e don Davide Riggio, notaio.
Del tribunale per l’istruzione del processo fanno parte anche il postulatore don Massimo Cardamone e il cancelliere arcivescovile don Giovanni Scarpino. Il primo testimone ascoltato è stato mons. Antonio Cantisani, scomparso di recente, autore di sei volumi su Cassiodoro. Ma le prime indagini sono state espletate anche tenendo conto dell’attività dell’Istituto di studi su Cassiodoro, presieduto da Chiara Raimondo e da Guido Rhodio, e dell’associazione “Centro culturale Cassiodoro”, guidata da don Antonio Tarzia, che hanno sede a Squillace. Padre Pitari si è augurato che la causa, l’ottava condotta dall’arcidiocesi, riceva dalla Congregazione dei Santi il decreto di validità.
«La figura di Cassiodoro – ha sottolineato – è emersa per quindici secoli nella memoria storica, nella letteratura, nell’arte, come anche nelle raffigurazioni della concattedrale di Squillace, in tutta la sua statura morale ed ecclesiale, come laico esemplare che ha vissuto e annunciato con la coerenza della vita la sua fede in Cristo e nel Vangelo, accompagnando l’annuncio con un solerte e fecondo impegno speculativo e organizzativo di vita monastica. Papa San Giovanni Paolo II ha indicato Cassiodoro come figura esemplare nella sua visita a Catanzaro il 6 agosto 1984. Papa Benedetto XVI si è soffermato su Cassiodoro nella catechesi del mercoledì 12 marzo 2008.
Nel passato, vari sono stati i riferimenti letterari a Cassiodoro, chiamato beatus, sanctus, doctor, certamente per i suoi scritti di alta levatura spirituale, dai quali si ricavano pure notizie della sua vita ascetica, della pratica delle virtù teologali della fede, della carità e della speranza, delle virtù cardinali e umane. Il culto pubblico è sempre stato presente soprattutto nella sua Squillace, dove la sua effigie, vestito da monaco, si trova nel mosaico dell’abside della cattedrale, in un altro mosaico e nella cappella del Crocifisso.
Nel passato il culto privilegiava il cognome del Servo di Dio “Senatore”, con l’idioma dialettale “Sansinato”, ancora oggi diffuso nella toponomastica; forse non tutti sanno che la galleria alle porte di Catanzaro porta il suo nome». L’inchiesta diocesana della causa di beatificazione era iniziata il 27 gennaio 2020 a Squillace. Don Riggio ne ha delineato i momenti salienti; mentre don Achilihu, dopo avere sottolineato che i testimoni ascoltati sono persone oneste e sincere, ha proceduto alla consegna ufficiale degli atti processuali all’arcivescovo per la trasmissione in Vaticano. Mons. Bertolone ha messo in risalto l’impegno dell’arcidiocesi nel condurre la causa di beatificazione di Cassiodoro, «grandiosa figura su cui è stato esemplare il lavoro svolto da sei periti storici, i quali hanno valutato l’esistenza di una ininterrotta fama dei segni del culto prestato “ab immemorabili”».
«Oggi – ha rimarcato il presule – completiamo l’iter e speriamo di ottenere il riconoscimento di validità degli atti da parte della Congregazione dei Santi». Per la beatificazione l’arcidiocesi ha scelto di procedere “per equipollenza”, che è una procedura utilizzata dalla Chiesa mediante la quale il Papa approva, con un semplice decreto, un culto spontaneo esistente da tempo senza attendere il verificarsi di un miracolo. Cassiodoro nacque a Squillace intorno al 490 e percorse il “cursus honorum” fino a diventare questore e console ordinario sotto Teodorico e Atalarico.
Poi sentì il desiderio di approfondire il cattolicesimo fino a giungere alla conversione, che lo portò a fondare nei suoi possedimenti di Squillace le comunità monastiche del Vivarium, di vita cenobitica, e del Castellense, di vita eremitica. In cattedrale, dopo il giuramento dei componenti del tribunale e l’apposizione delle firme e dei sigilli sui plichi contenenti gli atti processuali da inviare a Roma, è stato letto il decreto di chiusura della causa diocesana.
Salvatore Taverniti (Gazzetta del Sud, 24 luglio 2021)