Due riccioli concentrici in movimento, che richiamano il modellarsi dell’argilla al tornio, con la scritta “Ceramica artistica & tradizionale”.
E’ il marchio Doc, a tutela della produzione, con specifiche caratteristiche tecniche, della ceramica artistica e tradizionale.
Uno straordinario riconoscimento per la produzione ceramica che gli artigiani di Squillace, insieme a quella di altri 32 comuni italiani (le “Città della Ceramica”, appunto), dove è in atto un’affermata produzione di ceramica artistica e tradizionale, hanno ottenuto una decina di anni fa.
Il Comune di Squillace aderisce all’associazione “Le Città della Ceramica”, organismo a carattere nazionale che raggruppa tutte le città di produzione di ceramiche artistiche e tradizionali, con grandi vantaggi per tutti e con lo scopo soprattutto di entrare in piena regola nei circuiti del mercato nazionale e internazionale. La caratteristica principale della ceramica squillacese è l’ingobbio e il graffito, secondo una tecnica assai simile a quella bizantina, che trae la sua origine dalla Magna Grecia e che, dopo tanti secoli, ancor oggi si tramanda, costituendo un indubbio esempio di altissima qualità e tradizione storica. Solo a Squillace, infatti, esiste tale tipo di lavorazione, tra l’altro molto impegnativa.
La tradizione della ceramica squillacese affonda le radici nei rapporti con l’Impero di Bisanzio: a Squillace i vasai impararono il segreto della ceramica graffita bizantina, una tecnica che permetteva di decorare e ornare con figure vasi e piatti. Gabriele Barrio, nel “De Antiquitate et Situ Calabriae”, risalente al Cinquecento, enumera diciotto centri ceramici e, tra questi, Squillace.
Allo stesso periodo risale un inventario redatto in occasione della morte di Orazio Leotta di Stilo (1608), in cui figurano “3 giarrotte di creta, opera di Squillace”. Nel 1756, come si legge nel catasto onciario, a Squillace figurano 31 ceramisti, di cui 10 “fajenzari” e gli altri “maestri pignatari”.
Altre testimonianze documentarie della fine del sec. XVIII attestano la ripresa dell’attività ceramica dopo il terribile terremoto del 1783. In una descrizione del 1796 si parla di “varie fabbriche di eccellenti vasi di creta”, e Lorenzo Giustiniani cita “fabbriche di vasi di creta assai pregiati”.
In un documento notarile della stessa epoca si legge della stipula di un contratto tra il priore del convento dei “Carmelitani Scalzi di S. Teresa”, in Cosenza, e mastro Paolo Sestito di Squillace, che, insieme ai fratelli, si obbliga a produrre e fornire per il pavimento della Chiesa del convento “10.000 riggiole non stagnate, ma semplici di creta, siccome il modello che si darà da questo Padre Priore”: si trattava di mattoni quadrati “di ottima qualità, bontà e perfezione”.
Al 1938 risale il saggio di Alfonso Frangipane, che consentì la conoscenza del grande piatto di ceramica ingobbiata e graffita, con decorazione giallo-bruna e la scritta “Sqllci 1654”. Altre ricerche hanno consentito l’approfondimento delle conoscenze relative alla particolare produzione squillacese con il ritrovamento di esemplari rilevanti a Londra (“Victoria and Albert”, “British Museums”), New York (“Metropolitan Museum”), Goteborg (“Rohsska Kanstalojmseet”), Parigi (“Musée du Petit Palais”), ma anche nei musei di Faenza, Rovereto, Capodimonte, Santa Severina. Proprio l’esemplare di piatto con uccellino, prodotto dell’antica lavorazione artistica e tradizionale di Squillace, che si trova nel museo di S. Severina costituisce l’immagine di uno dei cinque francobolli appartenenti alla serie “Made in Italy”, dedicati all’arte della ceramica ed emessi da Poste Italiane lo scorso anno.
Gli artigiani squillacesi, negli anni passati, avevano costituto il consorzio “Le ceramiche di Squillace”, reso possibile grazie al progetto “GeoArt”, proposto dal Gruppo azione locale (GAL) “Serre Calabresi”, con la partecipazione della parte pubblica, al fine di promuovere la ceramica artistica, coordinando l’attività delle imprese artigiane e migliorandone la capacità e l’efficienza produttiva e gestionale.
Attualmente fanno parte dell’associazione “Antico Borgo”, che raggruppa non solo gli artigiani ma anche molti commercianti squillacesi. Un’azione di promozione e valorizzazione delle produzioni artigiane è venuta anche dalla sinergia della Camera di Commercio di Catanzaro con il Coser, la società consortile promossa da Cna, Confartigianato e Casa, nell’ambito del progetto denominato “Marchi di qualità per il rilancio delle identità positive della provincia di Catanzaro”. Un’altra iniziativa interessantissima, ai fini della promozione del marchio di qualità e di tutela della ceramica artistica e tradizione e del rilancio del settore artigianale ceramico, è stata rappresentata dal progetto Acta (Azioni per lo sviluppo del comparto ceramico italiano a tutela dell’artigianato artistico), finanziato dal Ministero delle Attività Produttive, gestito dall’agenzia Polo Ceramico di Faenza, importante struttura di servizio e sviluppo del comparto, e promosso dall’Aicc e dalle associazioni di categoria (Cna, Confartigianato, Casa, Claai, Acai).
Grazie a tale iniziativa, la ceramica squillacese ha partecipato a varie mostre allestite in tutta l’Italia e nel mondo.
Il disciplinare e il regolamento d’uso del contrassegno di origine e di qualità costituiscono importanti strumenti che regolano la produzione dei manufatti artistici squillacesi, secondo alcuni canoni prestabiliti che consentono la massima qualità del prodotto. Ai sensi del disciplinare approvato dalla Regione, la denominazione di origine “ceramica artistica tradizionale di Squillace” può essere utilizzata dagli artigiani che producono i propri manufatti interamente a Squillace. Riguardo alle materie prime utilizzate e alle fasi produttive, poiché recenti studi geologici hanno confermato l’esistenza nel territorio di Squillace di numerose cave di argilla caolinite e ferrosa che, se depurata e degasata, forniscono una materia prima di ottima qualità e di particolare pregio, solo le ceramiche prodotte nelle botteghe di Squillace possono avere il marchio di denominazione di origine “ceramica artistica e tradizionale di Squillace”, anche se è consentito usare un particolare “semi-lavorato”, in mancanza di impianti di depurazione dell’argilla.
Scomparsi quasi tutti i vecchi maestri vasai, quelli che lavoravano l’argilla con il tornio tradizionale e manuale, ora a Squillace esistono diverse botteghe e laboratori.
Gli artigiani attuali, che lavorano l’argilla, le danno forma e la decorano come si faceva una volta, pur con le attrezzature messe a disposizione dalla tecnologia moderna, sono i maestri Nicola Aiello, Roberto Caristo, Pino Cerullo, Tonino Commodaro, Tina Gallo, Agazio e Franco Mellace, Claudio e Beatrice Panaia, Paola Perri e i maestri della cooperativa artigianale “Sant’Agazio”.
Ciascuno nella propria bottega propone ai visitatori il meglio della produzione artistica locale. Molti di loro si sono formati all’Istituto statale d’Arte di Squillace (oggi tramutato in liceo artistico, ma con il mantenimento della sezione “arte della ceramica”), una scuola ben radicata nel territorio e che fa del dinamismo e della qualità i suoi punti qualificanti.
Tale istituto è divenuto nel tempo un indispensabile punto di riferimento culturale, professionale, formativo ed educativo per i ragazzi e per la crescita economica e imprenditoriale del territorio. E tra breve un importante ruolo nella promozione a valorizzazione artigianale locale e del comprensorio avrà l’imponente struttura del “Centro servizi per l’artigianato” di Squillace, finanziato con fondi europei dalla Regione Calabria e finalmente completato e pronto per essere organizzato e valorizzato ai fini dello sviluppo.
Salvatore Taverniti (da “Gazzetta del Sud”)