Tra il 1990 e il 1994 è stato oggetto di un intervento di consolidamento dei muri perimetrali e di un’indagine archeologica che ha permesso di chiarire almeno in parte le fasi costruttive.
Tra il 1996 e il 1999, si è svolto un intervento per il restauro con allestimento del museo, interventi di consolidamento delle murature, pavimentazione in pietrame, illuminazione esterna e valorizzazione dell’area archeologica. Negli anni dal 2005 al 2012, un ulteriore intervento ha consentito l’effettuazione di scavi archeologici, che hanno portato alla scoperta di una necropoli del V-VII secolo, e la ristrutturazione degli ambienti per il museo civico.
Quello in atto, invece, è un intervento di ulteriore consolidamento e di svolgimento di scavi archeologici nell’ambito della valorizzazione dei centri storici e dei borghi di eccellenza della Calabria. Parliamo del castello di Squillace, che ogni anno, grazie a tutti questi interventi di recupero, registra un forte afflusso di turisti e visitatori. Il monumento si trova nella parte più alta del centro storico di Squillace.
Si presenta con mura in pietra, altissime, con un portale bugnato sovrastato dallo stemma marmoreo della famiglia Borgia. La sua architettura è discontinua e non segue precisi canoni, in virtù del fatto che lo stesso fu assoggettato a diversi rimaneggiamenti e ad aggiunte in epoche diverse. La facciata si presenta con due grosse torri, una cilindrica e l’altra poligonale. Le notizie storiche ci dicono che la fortificazione appartenne dapprima ai Bizantini , poi divenne una roccaforte musulmana.
L’emiro di Squillace Olkbeck chiamò il castello “nido d’aquila”.
Successivamente i Normanni edificarono un grande e forte castello che chiamarono “Stridula” (forse per il fischio del vento). In seguito, il castello passò sotto il controllo di diverse dinastie: Lancia, Monforte, Del Balzo, e quindi Marzano. Giunse poi l’epoca aragonese, e successivamente la famiglia Borgia, fino all’arrivo dei Francesi. Sotto il governo borbonico diventò carcere mandamentale, in cui fu rinchiuso il filosofo Tommaso Campanella, in attesa del processo per favoreggiamento alla rivolta spagnola.
La funzione di casa circondariale durò fino al 1978. Durante la campagna di scavi del 1994, nel castello vennero rinvenuti, in nuda sepoltura, due scheletri mano nella mano. Inizialmente si credette che i due scheletri fossero quelli di due innamorati. Per anni, migliaia di persone hanno visitato il luogo del ritrovamento, anche se, da subito, i resti erano stati prelevati dalla Soprintendenza archeologica per gli studi.
Poi sono stati ricomposti dall’antropologo romano Gaspare Baggieri, esperto del Ministero dei Beni culturali. E’ stata così creata la cosiddetta “Sala dei guerrieri”, diventata la maggiore attrazione del castello squillacese: i due interessanti reperti sono stati collocati nella dimensione militare dello scontro svevo-angioino o angioino-aragonese, che ebbe come epicentro anche Squillace nella seconda metà del 1200: due guerrieri, probabilmente legati da vincoli di sangue (forse per questo i resti sono stati rinvenuti mano nella mano), caduti nel corso di un violento scontro.
Ma sono le scoperte della seconda campagna di scavi, diretti dalla professoressa Chiara Raimondo, archeologa, esperta di archeologia medievale, ad avere dato importanti risultati sulla ricerca sui luoghi di Cassiodoro e sulla Squillace bizantina e altomedievale.
Scoperte che stravolgono la storia sulle origini dell’attuale città di Squillace, che prima si facevano risalire agli inizi del VII secolo con l’abbandono della città romana di Scolacium e il conseguente trasferimento e arroccamento dell’abitato sul colle. Si tratta del ritrovamento di una necropoli risalente al VI-VII secolo, al di sotto della fase normanna del castello.
Interessante è il rinvenimento di una brocchetta, che che permette di datare la necropoli al delicato periodo di transizione tra la Tarda Antichità e l’Altomedioevo, che costituisce la certezza archeologica della presenza di un insediamento bizantino sulla sommità del colle di Squillace, evento di grande importanza che fornisce un fondamentale tassello nella ricostruzione della storia di uno dei territori più importanti della nostra regione.
Salvatore Taverniti (Gazzetta del Sud, 2 gennaio 2015)