Tempi duri per i consumatori sul fronte dei prezzi. Ed anche il prezzo dell’olio di oliva, nell’ultimo anno, in Italia, è aumentato del 37%. Un dato preoccupante, come sostiene il presidente dell’associazione italiana coltivatori federazione Magna Grecia, con sede a Squillace, Vincenzo Commisso.
L’annata 2022-2023 si è chiusa con un calo della produzione italiana del 27% e soprattutto con un tracollo del 56% di quella spagnola (la Spagna è il primo produttore mondiale). «La prima conseguenza – afferma Commisso – è quella percepibile ai più ovvero l’aumento del prezzo di un prodotto indispensabile per le nostre tavole. Se nelle annate tradizionali il costo dell’olio spagnolo si aggirava intorno ai 5 euro al chilo, a volte anche ai 3 euro, attualmente non si registra alcuna differenza con quello di produzione nazionale: le quotazioni si aggirano tutte tra gli 8,70 e i 9,50 euro al chilo. In Italia la situazione è la seguente: le regioni del centro stimano che nell’annata 2023 si subirà un calo produttivo di oltre il 50% per via di eventi climatici avversi che hanno inciso sulle piante e sui frutti. Al Sud, invece, è stimato un calo produttivo del 10% rispetto alle annate migliori». Secondo il presidente dell’associazione squillacese, a fronte di tale stato di cose è comprensibile la forte preoccupazione che si aggira tra gli industriali della trasformazione; rispetto alla tragica campagna 2022-2023 certo ci si aspetta un miglioramento, ma anche quella in corso non sarà un’annata da ricordare. «L’Italia – sottolinea – aveva chiuso l’ultima campagna con una produzione di 240 mila tonnellate di olio, rispetto a un potenziale nazionale di 300 mila, mentre quest’anno la quantità potrebbe migliorare, ma senza superare le 270 mila tonnellate». «Per il carrello della spesa, dunque – conclude Commisso – nessuna prospettiva rosea: per la prima volta, dopo circa 30 anni, l’olio di oliva smetterà di essere una commodity, cioè un prodotto primario, e diventerà un prodotto premium con rincari del 20% per le bottiglie di fascia alta e del 130% per i prodotti primo prezzo».
L’annata 2022-2023 si è chiusa con un calo della produzione italiana del 27% e soprattutto con un tracollo del 56% di quella spagnola (la Spagna è il primo produttore mondiale). «La prima conseguenza – afferma Commisso – è quella percepibile ai più ovvero l’aumento del prezzo di un prodotto indispensabile per le nostre tavole. Se nelle annate tradizionali il costo dell’olio spagnolo si aggirava intorno ai 5 euro al chilo, a volte anche ai 3 euro, attualmente non si registra alcuna differenza con quello di produzione nazionale: le quotazioni si aggirano tutte tra gli 8,70 e i 9,50 euro al chilo. In Italia la situazione è la seguente: le regioni del centro stimano che nell’annata 2023 si subirà un calo produttivo di oltre il 50% per via di eventi climatici avversi che hanno inciso sulle piante e sui frutti. Al Sud, invece, è stimato un calo produttivo del 10% rispetto alle annate migliori». Secondo il presidente dell’associazione squillacese, a fronte di tale stato di cose è comprensibile la forte preoccupazione che si aggira tra gli industriali della trasformazione; rispetto alla tragica campagna 2022-2023 certo ci si aspetta un miglioramento, ma anche quella in corso non sarà un’annata da ricordare. «L’Italia – sottolinea – aveva chiuso l’ultima campagna con una produzione di 240 mila tonnellate di olio, rispetto a un potenziale nazionale di 300 mila, mentre quest’anno la quantità potrebbe migliorare, ma senza superare le 270 mila tonnellate». «Per il carrello della spesa, dunque – conclude Commisso – nessuna prospettiva rosea: per la prima volta, dopo circa 30 anni, l’olio di oliva smetterà di essere una commodity, cioè un prodotto primario, e diventerà un prodotto premium con rincari del 20% per le bottiglie di fascia alta e del 130% per i prodotti primo prezzo».
Salvatore Taverniti – Gazzetta del Sud 17 ottobre 2023