La Corte d’Appello di Catanzaro, Sezione “Lavoro”, ha rigettato l’appello alla sentenza del Tribunale di Catanzaro con cui la Camera del Lavoro della Cgil del capoluogo era stata condannata al pagamento delle somme per differenze retributive e trattamento di fine rapporto in favore di una donna di Squillace.
Quest’ultima aveva lavorato alla dipendenze della struttura sindacale catanzarese dal maggio 1989 al luglio 2008, svolgendo compiti di pulizia e riordino dei locali, a fronte di una retribuzione di 700 mila lire prima e di 350 euro dopo, per tre giorni alla settimana dalle ore 6 alle 10.
La donna avrebbe svolto il servizio in maniera regolare pur in assenza di un contratto in forma scritta, mai formalizzato neppure dal punto di vista contributivo e fiscale.
È stata, comunque, rilevata la cadenza mensile e fissa del corrispettivo della prestazione, la natura stabile e continuativa, l’utilizzazione della strumentazione fornita dal datore di lavoro e l’esclusività del rapporto intercorso. Il rapporto di lavoro, dopo quasi vent’anni, è stato interrotto a seguito dell’affidamento del servizio di pulizia dei locali ad una società esterna. In conseguenza dell’accertamento compiuto il Tribunale di Catanzaro ha, quindi, disposto che alla donna spettano le retribuzioni conseguenti al rapporto di lavoro subordinato.
Per la determinazione delle somme dovute i giudici fanno riferimento al parametro retributivo indicato dal “contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti da aziende di pulimento e multiservizi”.
Alla signora squillacese, pertanto, spettano le somme per differenze retributive e il tfr per il periodo dal 21 maggio 1989 al 2 luglio 2008, per dodici ore settimanali, calcolate in base al contratto citato, detratte le somme già ricevute per lo stesso periodo, oltre agli interessi e alla rivalutazione. La cifra si aggirerebbe sui 33 mila euro.
La sentenza è stata confermata nei giorni scorsi dalla Corte d’Appello.
Carmela Commodaro