Sono stati avviati i lavori di restauro e consolidamento della colonna commemorativa con la statua della Madonna Immacolata, sita in piazza Vescovado, uno dei simboli religiosi importanti di Squillace. Il monumento, a causa della vetustà, presenta evidenti segni di degrado con il distacco di porzioni di cemento.
Secondo l’amministrazione squillacese, tale situazione di estremo pericolo non poteva essere protratta, anche al fine di evitare danni a persone e cose, in quanto la zona è altamente frequentata sia dal traffico veicolare che da quello pedonale.
La colonna con la statua dell’Immacolata è stata realizzata dal Comune di Squillace e benedetta l’8 dicembre 1954, nel centenario del riconoscimento del dogma, avvenuto nel 1854. Era l’anno mariano 1954 e il vescovo dell’epoca, mons. Armando Fares, consacrò la città di Squillace al cuore immacolato di Maria, come recita la targa in marmo posta alla base della colonna. La devozione per l’Immacolata veniva celebrata a Squillace prima e dopo il funesto terremoto del 1783 con grandi festeggiamenti.
Tra questi la tradizionale “piramide di fuoco”, recentemente riproposta dalla Pro loco. Sono diversi gli atti devozionali, le opere d’arte, le iniziative vescovili che hanno accompagnato l’evento religioso che si incentrava nelle Confraternite che si collegavano all’antichissimo convento dei Francescani, divenuto alla fine del Seicento famoso convento dei Domenicani.
È del 1854 la partecipazione del vescovo mons. Pasquini alla definizione dommatica dell’Immacolato Concepimento di Maria, insieme allo squillacese vescovo di Nicastro mons. Giacinto Barberi.
E nel 1954, a chiusura dell’anno mariano indetto da Papa Pio XII, avvenne appunto la realizzazione del monumento mariano in piazza Vescovado, voluto dal vescovo Fares, che con tutta la rappresentanza della diocesi lo ha inaugurato l’8 dicembre di quell’anno, con una pergamena e una processione solenne.
L’opera venne realizzata in cemento armato dai muratori e manovali squillacesi dell’epoca, guidati dai mastri Francesco Lioi e Ciccio Megna.
Salvatore Taverniti (Gazzetta del Sud, 20 gen 2021)