LE “TRACCE” DEL VIVARIUM
Gentile Professoressa Cuppo,
Le avevo scritto : “Si è chiesta perché del Vivarium si siano perse le tracce in così poco tempo? Sarà stata colpa dei Longobardi, come dice qualcuno, che certamente hanno provato a spingersi fin laggiù, anche se poi non gli è andata bene per colpa dei bizantini?”
Lei mi ha risposto, citando l’opinione della dottoressa Adele Bonfiglio: “Le tracce del Vivarium non si sono perse, tutt’altro. La fontana di Cassiodoro ne conserva alcune-indirettamente…” .
…Ed ecco qui le ulteriori mie osservazioni al Suo commento.
Avrei specificato se mi riferivo a tracce “archeologiche”. Ho citato i Longobardi come possibili distruttori del Vivarium in quanto questa era fonte meravigliosa di conoscenza della passata civiltà romana e non solo. Ma evidentemente non sono in grado di far capire al prossimo cose semplici. Intendevo- insisto- “tracce” di tutt’altro genere, nel senso che “dopo” Vivarium degli anni in vita di Cassiodoro non si è saputo più nulla del destino, della presenza del monastero-università; mentre di Montecassino sappiamo che ha continuato ad esistere (e come!) fino ai giorni nostri, anche se un giorno distrutto dagli avvenimenti bellici. Ripeto: che fine ha fatto il Vivarium? Le tesi potrebbero essere tante, e quella dei Longobardi è una di esse. Per me- detto sommessamente- la più logica è che, morto il pater familias ,oltretutto ricco finanziatore di quella straordinaria accolita di monaci o comunque studiosi, esperti copisti di codici classici, di Bibbia, ecc., gli stessi se la siano svignata verso altri posti, al centro, al nord d’Italia, ma anche fuori… per mille motivi, tanto che alcune cose che erano lì ora si trovano in giro per l’Europa (mi pare).La stessa cosa non è accaduta per Montecassino. Le guerre potrebbero aver fatto il resto per quegli eventuali pochi monaci che sarebbero rimasti per qualche altro decennio o centinaio di anni (cosa, quest’ultima, improbabile) .Ma sul tema penso che né io né lei possiamo mettere la parola fine. Anche se un giorno il miracolo della Verità sul destino di Vivarium e annessi potrebbe saltar fuori proprio da qualche biblioteca in qualche altro angolo del mondo. A tal proposito mi vien da dire : “Viva le biblioteche”, soprattutto quelle che contengono testi antichi (originali o no ) e che abbiano come pater familias persona veramente esperta ed appassionata, soprattutto se del luogo, come avvenne a Scolacium – collina o mare – con Cassiodoro.
Comunque complimenti per la interessante diatriba con il prof. Viscido sul turgescat. Pur nella mia ignoranza del latino (tre anni alle medie sono quasi zero) sono riuscito a capire qualcosa; forse anche da che parte stia la ragione .Ma non glielo dico, per non complicare le cose.
A questo punto…de hoc satis, cordialissimi saluti ed auguri per le Sue future ricerche nell’antico.
Domenico Paravati
Caro Mimmo,
risposte ai tuoi quesiti potrai trovarle nel mio libro “Ricerche sulle fondazioni monastiche di Cassiodoro e sulle sue Institutiones”, Catanzaro 2011, pp. 27-29; 43-61.
Un saluto cordiale
Lorenzo Viscido
Per la biblioteca del monastero Vivariense ti sara` molto utile il libro di Fabio Troncarelli “Vivarium: I libri, il destino, Turnhout 1998.
Un caro saluto
Gentile Paravati,
“Tracce del Vivarium” e’ espressione generica che comprende ogni tipo di traccia, quindi ANCHE quelle archeologiche; e se a Lei quelle non interessano, basta dirlo e parleremo ben volentieri di quelle reperibili nelle biblioteche ed attraverso lo studio della tradizione testuale dei codici vivariensi. Ma mi cavi una curiosita’: perche’, quando si fa il minimo accenno a tracce archeologiche, saltate su come v’avesse punto una vespa e sviate subito il discorso? che male vi fanno quelle tracce archeologiche? l’operazione di depistaggio relativa alle stesse risale almeno all’anno di grazia 1869, quando Domenico Marincola-Pistoja pubblico’ il suo ‘Di Scillezio o Scilacio. Ricerche storiche’, dove fece del suo meglio per trasferire il monastero vivariense al sito dell’odierna Squillace – che secondo lui dista 45 minuti a piedi dalle grotte di San Gregorio a Staletti’, ed altre amenita’. Ma c’e’ ancora chi ci crede; possiamo solo sperare che le nuove generazioni siano piu’ illuminate e pensino a valorizzare il territorio invece di distruggerlo.
E veniamo alle tracce LIBRARIE del Vivarium. Con ammirevole tempestivita’ il prof. Viscido Le ha consigliato ‘Vivarium: I libri, il destino’ di Fabio Troncarelli; cosa che mi ha fatto molto piacere, perche’ alle pagine 89-90 del detto libro Troncarelli mi cito’ a proposito di Felice di Squillace, erede della scuola vivariense, che firmo’ il suo lavoro nell’anno 616. Quindi almeno fino a tale epoca il Vivarium era vivo e vegeto.
Il dott. Taverniti pubblico’ poi su squillaceonline una recensione ad un mio saggio su Felice pubblicato da Brepols: avevo scoperto un frammento inedito di Felice in un codice di Bobbio ora all’Ambrosiana; un indizio, quindi, che ci fu una pista da Vivarium a Bobbio.
Un’altra pista e’ quella di Mellito, un monaco discepolo di Gregorio Magno che divenne in seguito vescovo di Londra. Nella sua cronaca, redatta verso il 616, egli usa il materiale di Felice e tecniche vivariensi (i famosi grappoli). Altro indizio che Vivarium stava bene e vi si lavorava; quella pista porta in Francia, e probabilmente anche in Inghilterra, ma quella parte e’ ancora da studiare. Il mio saggio su Mellito e’ stato pubblicato in ‘Saintly Bishops and Bishops’ Saints’.
Ma il contributo piu’ importante per quel che riguarda la vita di Vivarium ben dopo la morte di Cassiodoro e’ quello di Giorgio Leone, uno dei relatori al convegno su Cassiodoro organizzato nel novembre 2012 da Sua Eccellenza Monsignor Bertolone; il prof. Viscido potra’ darLe ulteriori dettagli, poiche’ partecipo’ anche lui al convegno. Giorgio Leone identifico’ diverse immagini di Cassiodoro in codici medievali in area germanica; un’altra pista da seguire; e forse il dott. Taverniti, da bravo giornalista, potra’ darci qualche notizia sugli atti del convegno, cioe’ se e quando verranno pubblicati.
Come vede, gentile Paravati, si sa parecchio sul monastero Vivariense dopo la morte di Cassiodoro; da non dimenticare il vescovo Giovanni di Squillace ed i riferimenti al convento nella corrispondenza di papa Gregorio Magno.
Cordialmente, Luciana Cuppo
In aggiunta a quanto rilevato dalla prof.ssa Cuppo si noti che, secondo Kenneth B. Steinhauser (“Bemerkungen zum pseudo-hieronimyschen Commemoratorium in Apocalypsin”, articolo apparso in “Freiburger Zeitschrift für Philosophie und Theologie” 26 [1979], pp. 220-242), intorno al 600 venne eseguito nel monastero Vivariense, da un allievo di Cassiodoro, il “commemoratorium” dell’Apocalisse (“Das Commemoratorium wurde von einem Cassiodorschüler im Kloster Vivarium um 600 verfasst”: p. 242). Ne ho gia` parlato nelle mie “Ricerche sulle fondazioni monastiche di Cassiodoro e sulle sue Institutiones” (Catanzaro 2011, p. 27).
VIVARIUM ESISTEVA ( FORSE ) NEL 616, UN TRENTENNIO DOPO CASSIODORO
E… DOPO? ULTERIORE COMMENTO ALLE NOTE DELLA PROFESSORESSA CUPPO
Gentile Cuppo,
sulla mia affermazione riguardo alla misteriosa fine del Vivarium di Cassiodoro (“…Le guerre potrebbero aver fatto il resto per quegli eventuali pochi monaci che sarebbero rimasti per qualche altro decennio o centinaio di anni (cosa quest’ultima, improbabile))…)”,.Lei scrive, fra l’altro, dopo aver detto di Felice di Squillace:
“Un’altra pista é quella di Mellito, un monaco discepolo di Gregorio Magno che divenne in seguito vescovo di Londra. Nella sua cronaca, redatta verso il 616, egli usa il materiale di Felice e tecniche vivariensi (i famosi grappoli). Altro indizio che Vivarium stava bene e vi si lavorava; quella pista porta in Francia, e probabilmente anche in Inghilterra, ma quella parte é ancora da studiare. Il mio saggio su Mellito é stato pubblicato in ‘Saintly Bishops and Bishops’ Saints’.”.
Io, gentile Signora, da ignorante di queste cose, non intendo entrare nella storia di Felice, né sui “grappoli”, che evidentemente – è solo una battuta – mi appaiono come una fissazione del Maestro e dei suoi seguaci, perché – ripeto- non sono uno studioso, ma vivo di semplice buonsenso. Riaffermo però che -da quel che mi risulta da dilettante- del Vivarium si sono perse le tracce dopo qualche anno o dopo qualche secolo dalla morte di Cassiodoro, esattamente come testimonia Lei. O ha altre prove nascoste in tasca per i secoli seguenti? Lo spero vivamente. Ma intanto, nella sostanza, non diciamo forse le stesse cose? Torno ad affermare che per Vivarium non è accaduto come per Montecassino dal momento che tracce sicure, come Lei dice, esistono certamente intorno al 616, cioè solo pochi anni dopo la morte del Grande Maestro. E nei secoli a venire? Esisteva ancora Vivarium? O di esso, in quanto convento o centro di studi, come Le pare, si sono perse le tracce? Montecassino è ancora lì; e mi commuovo ogni volta che da Roma scendo in Calabria e dall’autostrada vedo quel grande, imponente complesso, ricostruito dopo la seconda guerra mondiale, che per secoli e secoli ha contato qualcosa nella storia religiosa italiana ed europea, o forse mondiale. Mentre Vivarium…Mistero! (fatte salve le appendici, cioè i pochi codici sparsi qua e là per l’Europa, grazie – viva sempre loro! -ai topi di biblioteca).
Ancora cordiali saluti (nella speranza che questo simpatico duello tra l’ignoranza- la mia- e la scienza -la Sua- abbia finalmente…fine).
Domenico Paravati