Alla età di 72 anni Guglielmo Pepe spira tra le braccia dell’amata consorte. La sua morte ha un profondo eco in Italia e all’estero, specie in Francia dove egli ha passato molti anni della sua vita e dove conta molte amicizie e simpatie.
Era nato a Squillace il 13 febbraio 1783, in una tenda provvisoria collocata ai piedi del castello normanno, per difendersi dalle continue scosse del tremendo terremoto che distrusse gran parte della Calabria. Forse questo evento segnò per sempre la vita avventurosa e ribelle del futuro generale.
Patriota e Generale venne definito dal De Sanctis ”Padre della Rivoluzione italiana”; figlio di Gregorio e di Teresa Assanti, nacque a Squillace il 13 Febbraio 1783.
Di temperamento irrequieto ed esuberante, poco incline alla sottomissione, amante più di comandare che di ubbidire, nel 1797 abbandonò gli studi ed entrò nel Reale Collegio Militare di Napoli, iniziando così la sua brillante carriera di soldato.
Combattente della Repubblica Partenopea a servizio del re di Napoli – Giuseppe Bonaparte – nel 1799 contro i Sanfedisti (borbonici), fu arrestato e condannato al patibolo dal quale lo salvò la sua giovane età, per cui andò in esilio e si rifugiò in Francia dove si arruolò, come semplice soldato, nell’esercito napoleonico che discese vittorioso in Italia nel 1800.
Catturato a Napoli nel Giugno del 1803 dalla polizia borbonica e condannato al carcere a vita, fu liberato nel 1805 dai Francesi; in seguito combattè in Spagna (1811) a fianco del re Gioacchino Murat coi gradi di Maresciallo di Campo.
Dopo la restaurazione dei Borboni rimase nel servizio attivo e conservò il grado di Ten. Generale ed in seguito ebbe il comando supremo dell’esercito; nel 1818, ebbe la mansione di estirpare il brigantaggio nelle provincie di Avellino e di Foggia, compito che assolse egregiamente.
Quando però il re Ferdinando I fece intervenire gli Austriaci nel napoletano, li affrontò ad Antrodoco presso Rieti (7 Marzo 1821), ma sconfitto, ritornò solo a Napoli, raggiunse la Spagna e successivamente Londra dove rimase per lungo tempo e dove fu amico del Foscolo, ed in seguito si trasferì in Francia dove scrisse libri di carattere storico; passò poi a combattere in Spagna e in Portogallo per conto dei Francesi. Organizzò militarmente la “Carboneria” della quale fu fervente apostolo.
Scoppiata in Italia la rivoluzione del 1848, ritornò a Napoli dove ebbe il comando delle truppe, combattendo a fianco di quelle piemontesi. Avendo il re Ferdinando I di Borbone (1810 -1859) cambiato improvvisamente idea circa la condotta della guerra, richiamò a Napoli il Pepe il quale non ubbidì all’ordine, ed unicamente a molti volontari napoletani si mise a disposizione della città di Venezia, dove il Manin gli affidò il Comando Generale dell’Esercito.
Si distinse durante l’assedio di quella città in difesa della quale combattè anche, coi grado di Ten. Colonnello, il nipote Damiano Assanti, deputato e senatore del regno.
Con la caduta di Venezia (12 Agosto 1849) ebbe termine la sua lunga carriera di soldato. Si rifugiò a Corfù e successivamente in Francia, a Parigi, dove scrisse le sue memorie; dopo la proclamazione dei nuovo impero napoleonico (2 Dicembre 1851) abbandonò la città e si trasferì a Torino dove morì il giorno 8 Agosto 1855.
Una delle pochissime volte che ritornò a Squillace per riabbracciare i suoi familiari fu nel 1817, quando la famiglia era a villeggiare nei pressi di Copanello.
Scrisse molti libri sulle vicende storiche del suo tempo tra i quali “Memorie del generale Guglielmo Pepe intorno alla sua vita e ai recenti casi d’Italia scritte da lui medesimo” e “Casi d’Italia negli anni 1847, ’48 e ‘49”.
Nel Dicembre 1863 le sue spoglie mortali furono trasportate e sepolte, con solenni onori, a Napoli nel cimitero degli eroi.
Guglielmo fu anche un fervente politico ed un agitatore e trascinatore d’uomini e di masse.
Squillace lo ha onorato innalzandogli un busto di marmo e dando il suo nome alla strada principale della cittadina Corso G. Pepe.
A cura di Agazio Mellace